MONTE PIETRAMARINA

IL MONTE PIETRAMARINA

 Dopo aver descritto le grotte del monte Pietramarina prendiamoci un po’ di bel tempo e saliamo sulla sua cima, divisa in due rocce ciclopiche fra le quali un breve tratto di terra da alimento a piccole querce.

La roccia ovest, la più alta, è a 581,3 metri sul livello del mare, mentre l’altra 581 metri esatti. Sulla prima balzano subito a gli occhi numerose fosse scavate dall’erosione, ma quasi ai margini ci sono dei buchi, opera della mano dell’uomo. La gente pensa che essi siano stati scavati durante l’ultima guerra dai militari per tenere ferme le mitragliatrici. Più probabilmente invece, essendo in quel punto la roccia difficilmente erodibile, sono dovuti agli uomini del tardo neolitico e fatti per sostenere i pali delle loro capanne. A questa conclusione siamo giunti dopo aver constatato che in ben altri tre punti del monte ci sono dei buchi simili: sulla roccia grande disposta ad est, su una pietra che s’innalza per circa tre metri dal terreno a sud e infine nella parte più bassa del monte su rocce di mia proprietà.

La collina è caratteristica nello scenario dell’alta valle dell’Alcantara. Emerge, unica, sul fondovalle per circa un centinaio di metri ed è visibilissima da Castiglione, Malvagna, Moio, Santa Domenica e perfino da alte quote dell’Etna. Per queste sue peculiarità è stato ritenuto sacro in epoca preistorica. Ancora oggi lo si crede sede di spiriti, i quali, secondo la leggenda, proteggono il tesoro nascosto sotto la sua grande mole. Per disincantarlo bisognerebbe recarvisi a mezzanotte e sacrificare la vita di un uomo. Non molti anni fa, salito sul monte, ho visto buche scavate da creduloni. E c’era chi raccontava che esse erano dovute a due persone, le quali volevano tentare la fortuna. Subito dopo mezzanotte però, essendosi dimostrate vane le loro ricerche, hanno preso la via del ritorno. Uno dei due, avendo dimenticato la giacca, andò per riprenderla, ma con grande meraviglia trovò un morto avvolto in essa e scappò impaurito.

A parte le leggende e i racconti favolosi possiamo dire di certo che nelle varie epoche se ne fatto di esso una sede sicura. La zona circostante era un tempo tutta adibita a coltivazione di vigneti e a testimonianza di ciò, oltre alle vigne esistenti, rimangono antichissimi palmenti scavati nella viva roccia, ormai in disuso da secoli. Alcuni di questi sono ancora oggi visibili: un primo, incavato in un’enorme roccia staccatasi in epoca preistorica dal monte, si trova a nord - est; un secondo della mia proprietà vicino al cancello d’entrata, sotto la quercia grossa, ora in parte interrato in parte distrutto una cinquantina d’anni fa quando venne sistemata la stradina che conduce alle case; un terzo e un quarto nel lato sud; un quinto infine a circa cinquanta metri dal monte, verso ovest, sui grossi massi in pendio.

Ci sembra opportuno ancora riferire di due "pozzi", uno a sud l’altro a nord, unici. nel loro genere e profondi circa tre metri. Sono cisterne dove viene raccolta l’acqua piovana, non sono pozzi alimentati dall’acqua della falda freatica, ma fossi che raccoglievano e mantenevano fino ad estate inoltrata l’acqua emessa a poco a poco dal monte. In questi ultimi tempi però, a causa della siccità che dura da più di quattro anni, anche d’inverno essi sono asciutti. Cronologicamente li si può far risalire ad un paio di centinaia di anni fa.

Per chi sale sulla collina, quasi vicino alla cima, incontra una casa bianca, che sembra quasi farle da ornamento. Essa, costruita alla fine del secolo scorso, era adibita a casa d’abitazione o forse meglio di villeggiatura, mentre durante il periodo fascista fu sede per una decina d’anni della caserma dei carabinieri. Oggi è in uno stato di completo abbandono e il forno, la cisterna e le varie vasche sono appena distinguibili.

Se ci avventuriamo sul cocuzzolo possiamo ammirare un bellissimo paesaggio: le case parse di Verzella, gli alberi verdi che rendono l’aria leggera e respirabile, i vigneti simili a boschi, gli ulivi sempreverdi, la brulla sciara e in fondo il fiume argentato che scorre leggero e con le sue anse somiglia alle volute di un serpente, un enorme mostruoso serpente. Da qui si domina l’intera alta valle dell’Alcantara. L’Etna da una parte sovrasta ogni cosa, mentre dall’altra i Nebrodi e i Peloritani fanno quasi da corona; e su di essi appaiono adagiati Malvagna, Santa Domenica Vittoria, Motta Camastra Solicchiata, Castiglione, i paesini di Mandrazzi Il castello di Francavilla, castagneti verdeggianti, noccioleti e boschi.